Coerenza dei business model

Analizziamo il seguente frammento, tratto dal post di Matteo Flora “La pirateria non è un furto, è un non pagare il tram”:

nella produzione filmografica o musicale la vera “ricchezza” che viene rubata non è il possesso materiale del bene (es. “avevo un piatto d’argento e ora non l’ho più”), ma il mancato godimento delle “revenue” per quella visualizzazione ad autori e distributori (es. “per il fatto che ho visto/sentito non ho pagato il compenso a chi ha creato questa cosa”).

L’abuso di ambedue i comportamenti (non pagare il biglietto e/o non pagare per vedere/sentire un brano/film) porta alle stesse conclusioni: se portato troppo avanti distrugge economicamente chi eroga il servizio. Nel caso della musica e del cinema, inoltre, impatta su un lavoro (spesso) artistico.

Il precedente discorso si basa sull'assunto (a mio parere errato) che tali servizi godano di perenne diritto d'esistenza.

Analizziamo questo assunto:

“È giusto farsi pagare per la tramissione di un bene fisico e/o per l'erogazione di un servizio.”

Questo è l'assunto sopra il quale si ergono i business model “coerenti”.

Business model di servizi “coerenti” per i quali gli utenti pagano per ottenere il servizio:

I business model di vendita di beni “coerenti” per i quali gli utenti forniscono altri beni e/o denaro sono più semplici da analizzare: vendita di generi alimentari, dispositivi fisici tecnologici, etc.

Nel caso dei servizi, qualora l'innovazione tecnologica dovesse rendere obsoleti i viaggi in tram, nessuno dotato di senno si opporrebbe con la motivazione che c'è un mercato vasto e che molte persone resterebbero senza lavoro.
Allo stesso modo, qualora dovesse uscire uno straordinario metodo per ottenere barba e capelli a casa senza aver bisogno del parrucchiere, nessuno si opporrebbe.

3000 anni fa non erano presenti i mercati discografici e cinematografici (a maggior ragione digitali), così come 3000 anni fa non esistevano fotografi che sviluppavano rullini.

Ci sono mercati che sono stati creati nel corso del tempo.

Il mercato dello sviluppo dei rullini è sorto, ma con l'avvento delle macchine fotografiche digitali e con la diffusione delle stampanti a colori su supporti fotografici, nessuno si è posto il problema che tali innovazioni avrebbero distrutto economicamente chi erogava il servizio di sviluppo dei rullini.

Dal momento in cui erogo un servizio è mia responsabilità capire come adattarmi in base all'innovazione tecnologica.
Se sono un fotografo che decide di sviluppare rullini, devo considerare lecito il fatto che una innovazione tecnologica possa rendere di fatto obsoleto il mio business model. Cerco di adattarmi e magari mi specializzo erogando servizi di creatività fotografica (matrimoni, fotoritocco) e/o stampa su supporti ancora di scarsa diffusione (tazze, cuscini, etc).
Il fatto che si sia creato un intero mercato mondiale dello sviluppo di rullini non è condizione sufficiente affinché le innovazioni tecnologiche debbano evitare di “danneggiare” (errata l'accezione negativa del termine) tale mercato.

Il caso dello sviluppo di rullini è differente rispetto a quello del mercato discografico/cinematografico solo per il fatto che è avvenuto in un periodo di relativa diffusione delle competenze tecnologiche e le transizioni di tale mercato sono avvenute in un lasso di tempo relativamente breve, quindi c'è stato poco tempo per creare danni alla coscienza della collettività.

La genesi e l'evoluzione del mercato cinematografico e prima ancora di quello discografico, si compongono di elementi che possono facilmente sfuggire all'analisi.

Inizialmente, l'unico modo per diffondere la musica in un mercato vasto, era la distribuzione di supporti fisici.
Il business model del tempo era coerente in quanto ricadeva nel caso di vendita di un bene fisico da parte del distributore. Il distributore, a sua volta, pagava l'autore della musica per l'erogazione del servizio creativo. Al tempo, in assenza di un mercato digitale, nessuno ha avuto da obiettare sulla coerenza di contratti, tra distributore e autore della musica, basati sulla destinazione all'autore della musica di una percentuale dell'incasso della vendita del singolo bene fisico.
L'aspetto subdolo è che questa genesi, unita all'estensione del periodo di assenza di evoluzioni tecnologiche tali da permettere di intravedere una diffusione globalizzata di informazioni digitali, ha fatto assimilare nella mente delle persone che l'associazione tra vendita di un bene fisico (disco) ed erogazione di un servizio (esibizione musicale) fossero in realtà la stessa cosa.
E questo è semplicemente sbagliato in quanto sono due business model molto differenti tra loro ed ognuno di essi può essere reso obsoleto dalle innovazioni tecnologiche, al pari degli altri business model.
L'evoluzione digitale è avvenuta, piano piano, e nel frattempo il mercato discografico ha assunto proporzioni enormi con lobby che combattono per sopravvivere, cercando di giustificare la loro esistenza.
Il problema è che però si basano su un business model non “coerente”.

La duplicazione di informazione digitale è semplice.
Once you play it, you can rip it.
Una volta che un distributore mi fornisce un oggetto fisico (un cellulare, un cuscino, una macchina o un cd) io devo poter fare di questo bene ciò che voglio.
Posso fare una foto a tutti questi oggetti e condividere queste foto sul mio sito.
Allo stesso modo posso trascrivere tutte le informazioni contenute su un pezzo di carta, fare una foto a questi fogli e condividerli digitalmente.
Allo stesso modo posso duplicare il contenuto digitale di un cd e condividerlo.

Ora, l'amara verità per i creativi, è che hanno solo due strade:

1) preservare lo status quo cercando di giustificare un business model non “coerente”, avvallando quindi giustificazioni non “coerenti” e supportando le lobby che cercano di tradurre in leggi tali giustificazioni, continuando a danneggiare la collettività
2) rendersi conto che il re è nudo, e che l'unica strada coerente è tramite la vendita di beni fisici (fandom?) e l'erogazione di servizi (concerti)

La 2) non comporta, nella maggior parte dei casi, un business model sostenibile? Mi spiace, ma non è una giustificazione per i danni che le azioni delle lobby hanno apportato e che continuano ad apportare all'innovazione tecnologica e alla diffusione della conoscenza.

Una volta che ammetti un assunto incoerente, i discorsi che costruisci sopra ad esso tendono ad essere incoerenti e, come un virus, danneggiano la coerenza degli altri contesti.

 
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Smettiamo di glorificare il compromesso.

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